mercoledì 12 novembre 2008

E' giusto che i cristiani che dicono spesso il Padre Nostro possano poi usare parole come extracomunitario, immigrato, clandestino... straniero?

Ho trovato questo racconto che ripropongo e mi sembra adatto al nostro tema:

IL FUTURO DEI MIEI di Alessandro Ghebreigziabiher

Su una nave. In mare. Da qualche parte."Zio Amadou?""Si?""Mi Senti?"" Si che ti sento...""Ma non mi guardi." L'uomo si volta verso il nipote. Il ragazzino, poco più di sei anni, lo osserva dubbioso,tuttavia si fida e riattacca: "Zio. tu conosci bene l'italiano?""Certo, ci sono stato già due volte in Italia.""Conosci tutte le parole?""Sicuro Ousmane"Il nipote si guarda in giro come se avesse timore di essere sentito da altri, e arriva al sodo: "Cosa vuol dire extracomunitario?"L'uomo, alto e magro, sui trent'anni ha la barba che gliene aggiunge almeno una decina. Non appena sente l'ultima parola del bambino, si gira e fissa i propri occhi nei suoi.Trascorre un breve istante che sembra un'eternità in un viaggio in cui è in gioco la vita."Extracomunitario dici?" ripete sorridendo lo zio Amadou, "extracomunitario è una bellissima parola. I comunitari sono quelli che vivono tutti nella stessa comunità, come gli italiani, e extracomunitario è qualcuno che viene da lontano a portare qualcosa in più.""E questo qualcosa in più è una cosa bella?""Certamente" - esclama Amadou - " tu ed io, una volta giunti in Italia, diventeremo extracomunitari. Io sono così così, ma tu sei di sicuro una persona bella, bellissima."L'uomo riprende a far correre lo sguardo sulla superficie dell'acqua, ma Ousmane gli chiede ancora: "Cosa vuol dire immigrato?" Lo zio risponde subito:"Immigrato è una parola ancora più bella di extracomunitario. Devi sapere che, quando noi extracomunitari arriveremo in Italia e incominceremo a vivere lì, diventeremo degli immigrati""Anch'io?""Sì, anche tu. Un bambino immigrato. Sei anche un extracomunitario, cioè qualcuno che porta alla comunità qualcosa di più bello, tutti gli italiani ci diranno grazie, cioè ci saranno grati. Dai cui, immigrati. Chiaro?""Chiaro zio. Prima extracomunitari e poi immigrati""Bravo" approva soddisfatto Amadou e ritorna a guardare il mare. Poco dopo il bambino richiama ancora la sua attenzione "Zio...""Si?" fa l'uomo voltandosi paziente per l'ennesima volta."E cosa vuol dire clandestino?"Questa volta Amadou compie un enorme sforzo per sorridere e gli dice: "Clandestino. Sai questa è la parola più importante. Noi extracomunitari, prima di diventare immigrati, siamo dei clandestini. I comunitari che incontrerai molto probabilmente ancora non lo sanno che tu hai qualcosa in più di bello qualcuno di loro potrà insinuare il contrario. Tu non credere a queste persone. Per quante persone possano negarlo tu sei qualcosa di più bello e lo sai perché? Perché tu sei un clandestino. Tu sei il destino del tuo clan, cioè della tua famiglia. Tu sei il futuro." Amadou riprende ad osservare il mare. Ousmane finalmente si volta a guardare le onde. Il suo sguardo punta verso l'orizzonte: "Sono il futuro dei miei" pensa il bambino con orgoglio e commozione. Chi può essere così ingenuo da pensare di poterlo fermare?

Mi chiedo però: noi cristiani che diciamo spesso il Padre Nostro possiamo usare le parole come extracomunitario, immigrato, clandestino... straniero?
don Claudio

sabato 8 novembre 2008

scheda: Chi sei? Non parli la mia lingua e non adori il mio Dio! Come posso ospitarti?

Il tema dello straniero è affrontato con molte sfaccettature dalla Bibbia. Nel nostro racconto abbiamo provato a legare , nella finzione dell’impianto letterario tre brani che lo affrontano con angolature molto differenti:

  1. Matteo, nel cap. 25, descrive il “giudizio finale” secondo uno schema poi fatto proprio da tutti i grandi pittori. La cosa più strepitosa è l’intuizione universalistica di questo evangelista che non si è mai mosso dalla Palestina di Gesù e che ha sempre predicato il suo messaggio ai soli ebrei. Nel
    brano che fa da sfondo al nostro racconto intuisce che la salvezza è per tutti gli uomini perché non saremo giudicati in base alla nostra professione di fede ma sulle nostre azioni che riconoscono nell’uomo che ci passa accanto un fratello da aiutare e non un lupo da cui difendersi.
  2. L’autore di Genesi ci parla invece nel cap. 18 dell’incontro di Abramo a Mambre con i “tre uomini” che si riveleranno poi tre “angeli” e che la tradizione cristiana (soprattutto orientale) ha spesso interpretato come figura delle Trinità. Essi rappresentano un modo di incontrare lo straniero da parte di un appassionato di Dio come Abramo, ben diverso da quello degli abitanti di Sodoma, molto più schiacciati sulla materialità delle loro attese: lui accoglie fiducioso gli stranieri, gli altri li “usano” (schiavizzano) per il loro piacere.
  3. Infine il brano di Gn 21 ci svela la “genesi di un popolo straniero” (gli arabi) che in realtà è il figlio non più riconosciuto come tale, per altro sembra addirittura per volontà di Dio (o almeno con il suo beneplacito).


DOMANDE:

  • ero forestiero e mi hai ospitato
    Questa semplice affermazione comporta che la salvezza (la felicità eterna, il “senso” della vita) è disponibile davvero per tutti gli uomini (prima e dopo Cristo).
    Se così è qual è il senso della fede cristiana? La sua necessità? E che senso ha “evangelizzare”?
  • "Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo"
    Dio è uno straniero che passa presso la nostra tenda.
    Posso fidarmi di lui?
  • In Gn 21 il concetto di straniero nasce dal desiderio di preservare la propria identità e il proprio patrimonio.
    Ismaele è il figlio non più riconosciuto come tale. A lui non passa il patrimonio del padre. Per questo gli ebrei possono dirsi figli di Abramo, mentre gli arabi sono discendenti di Ismaele perché è da lui che si genera il nuovo patrimonio. Quindi l’estraneità è un fatto innanzitutto patrimoniale (e successivamente culturale). Rimane pur vero però che il padre è lo stesso per cui non ci può essere disconoscimento totale dell’altro ma anche riconoscimento (e quindi accoglienza).
    Questo ci aiuta a capire la situazione attuale: gli stranieri non vengono direttamente a portare guerra ma –alcuni dicono– “minacciano la nostra identità e il nostro benessere” eppure non li possiamo disconoscere totalmente come solo “diversi” in quanto li riconosciamo uomini come noi (salvo mandare in crisi il concetto di umanità = razzismo).
  • E se invece lo straniero fosse un angelo che porta una buona notizia? Cioè se accoglierlo fosse la condizione per migliorare il nostro stato? Abramo ci ha rimesso tre focacce e un capretto, ma ha guadagnato un figlio!
    Qual è il primo atteggiamento che deve guidare i nostri comportamenti:
    Difesa o accoglienza?
  • Crediamo in molti che c’è un unico Dio. Questa fede può essere una strada di incontro? O è solo una occasione di scontro tra civiltà diverse?
  • Perché Dio ama la sterile, il povero, l’oppresso?
    Viceversa perché Dio sceglie uno e scarta l’altro?
    La Chiesa ha sposato la tesi della “estraneità” basata sul patrimonio e per questo nella sua dottrina sociale afferma che la proprietà è un diritto fondamentale/naturale della persona. Positivamente significa che ogni uomo ha diritto ad una identità. Negativamente indica però anche la necessità di confini (di patrimonio, di identità, di lingua, di cultura …). Oggi si va verso un mondo globalizzato, nel senso che la dimensione dei patrimoni è tale da richiedere scambi a livello mondiale, con la necessità di un governo economico e politico regolato a livello planetario. In questo contesto anche le culture e le lingue tendono a miscelarsi annacquandosi e rigenerandosi l’una nell’altra. Tale situazione può essere vista come una grande opportunità o come un incombente pericolo: siamo più vicini ad una nuova Babele o al riscatto di quel “peccato”?